La demenza è spesso misconosciuta nelle fasi iniziali e nelle persone molto anziane.
Una diagnosi precoce potrebbe permettere di intervenire tempestivamente sulle cause delle demenze reversibili; avviare terapie in grado di ritardare la progressione della malattia; agire più incisivamente sulle capacità cognitive residue; organizzare al meglio la vita del malato e dei suoi familiari.
E' fondamentale la valutazione generale dello stato cognitivo attraverso specifici test e batterie neuropsicologiche che sono in grado di cogliere anche le fasi iniziali e più subdole di un problema dementigeno.
Quali sono le demenze più comuni?
Distinguiamo demenze degenerative, demenze vascolari e demenze miste.
Demenze degenerative:
sono caratterizzate da un anormale aumento, per cause non ancora note, del processo di apoptosi neuronale (morte cellulare programmata).
Tra le demenze degenerative la malattia di Alzheimer è la più frequente e rende conto di più del 50% dei casi di demenza.
La seconda forma, in ordine di frequenza, è la demenza a corpi di Lewy; più rara, infine, è la demenza fronto- temporale.
Demenze vascolari:
il meccanismo che le determina è il ripetersi di “ictus” cioè lesioni del cervello conseguenti ad alterata circolazione del sangue.
A differenza delle demenze degenerative, alcune cause delle demenze vascolari sono note: aumento della pressione arteriosa, diabete, aterosclerosi dei vasi del collo, alcune malattie cardiache, alcune malattie del sangue.
Demenze miste:
scaturiscono dall’associazione (non infrequente!) delle due problematiche sopra illustrate.
Quali sono i primi sintomi?
L’esordio è frequentemente subdolo: i familiari notano dei cambiamenti nel soggetto, ma spesso non li attribuiscono ad un problema di salute, bensì a “stress” o agli effetti dell’età.
Altre volte i disturbi sembrano presentarsi all’improvviso in concomitanza di un evento stressante (un intervento chirurgico, un lutto familiare), cui i familiari tendono ad attribuire la causa della malattia.
In realtà queste evenienze costituiscono solo il fattore precipitante di una condizione cerebrale preesistente.
Il malato, dal canto suo, non sembra essere consapevole di tali cambiamenti e ciò costituisce di per sé una manifestazione della malattia.
Ecco gli indicatori più comuni dell’inizio della malattia:
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formulare ripetutamente le stesse domande
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dimenticare eventi avvenuti di recente
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perdere il “filo del discorso”
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essere incapaci di portare a termine compiti abituali (es. seguire una ricetta di cucina)
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perdere la capacità di pensare in modo astratto
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sbagliare nel riporre gli oggetti (ad esempio mettere un indumento nel frigorifero)
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essere incapaci a mantenere la concentrazione
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sbagliare la data
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essere incapaci a ritrovare la strada su un percorso noto
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essere irrispettosi delle regole sociali, mettendo in difficoltà i presenti
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perdere interessi ed iniziativa
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presentare improvvisi e immotivati cambiamenti d’umore
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apparire “giù di morale”.
In questa fase il paziente può essere ancora autonomo: potrebbe continuare a lavorare, guidare e occuparsi delle proprie mansioni abituali, ma egli tende a compiere alcuni errori, che dovrebbero rappresentare il “campanello d’allarme”.
Come evolve?
I disturbi progressivamente si aggravano e quelli più frequenti sono:
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presentare gravi dimenticanze (es. la pentola sul fuoco o il gas acceso)
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presentare disturbi del linguaggio come incapacità a trovare le parole, che vengono sostituite da perifrasi (ad esempio “quella che serve per scrivere” al posto di “matita”) o da parole passe-par-tout (“il coso”, “la cosa”)
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perdere la capacità di leggere e di scrivere
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divenire incapace di comprendereciò che viene detto
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divenire aggressivo verbalmente o fisicamente
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divenire disinibito, manifestando comportamenti inadeguati in pubblico
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manifestare ansia ed agitazione
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presentare allucinazioni visive (cioè vedere cose che non esistono) o uditive (cioè udire voci o suoni inesistenti)
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presentare deliri (cioè pensare cose che non corrispondono al vero)
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essere continuamente “affaccendato” senza una precisa finalità (es. spostando continuamente un oggetto da un luogo ad un altro senza apparente motivo)
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divenire insonne la notte o, viceversa, dormire durante il giorno in orari non abituali.
Sul piano funzionale, in questa fase il paziente non è più indipendente e necessita di continua supervisione, mantenendo, tuttavia, un’autonomia nelle attività di base (igiene personale, alimentazione, abbigliamento...)
L' invecchiamento cerebrale non è un processo a senso unico, ma è il risultato di un delicato equilibrio: su un piatto della bilancia la riserva cognitiva e i fattori protettivi che la possono potenziare, sull’altro piatto le fonti di danno cerebrale e i relativi fattori di rischio.
E’ noto da tempo che l’ipertensione arteriosa, l’elevato tasso di colesterolo nel sangue, l’obesità, il diabete, alcune malattie cardiache sono responsabili delle malattie vascolari come l’ictus e l’infarto cardiaco.
Tali condizioni sono denominate fattori di rischio vascolare poiché predispongono all’ischemia,
ovvero alla graduale chiusura delle arterie che portano sangue ed ossigeno ai tessuti. In questo modo le cellule, incluse quelle del cervello, vengono irreparabilmente danneggiate.
E’ stato dimostrato che tali condizioni si associano anche ad un aumentato rischio di sviluppare demenza, soprattutto di tipo vascolare, ma anche di tipo degenerativo come la malattia di Alzheimer.
Risulta quindi fondamentale mantenere controllati i fattori di rischio adottando uno stile di vita sano, con particolare riguardo alla condotta alimentare e alla regolare attività fisica.
L’esercizio fisico svolge probabilmente un ruolo protettivo con una duplice modalità, agendo su entrambi i piatti della bilancia. Da un lato esso ha un noto effetto benefico sui fattori di rischio vascolare prevenendo così l’insorgenza dei danni cerebrali che ne possono conseguire. Dall’altro è probabile che l’esercizio fisico stimoli la proliferazione cellulare(come dimostrano recenti studi che hanno riscontrato aumento della vascolarizzazione e della perfusione cerebrale e aumento di fattori importanti per la crescita e la sopravvivenza dei neuroni) oltre a ridurre la neurodegenerazione e l’infiammazione.
In altre parole, è verosimile che l’esercizio fisico potenzi la riserva cognitiva.
In terapia si provvederà a supportare, insegnare pratiche utili all'anziano e ai suoi familiari e ad organizzare la quotidianietà dell'anziano, attraverso la partecipazione durante il tempo libero adattività ricreative, sociali e culturali , come leggere, giocare, praticare hobbies o suonare uno strumento musicale, in modo da preservare e stimolare le funzioni cognitive.