Il termine “disturbi del comportamento alimentare” (DCA) definisce le condizioni cliniche in cui il disagio è caratterizzato da un rapporto alterato con il cibo e con il proprio corpo tale da compromettere la qualità della vita e delle relazioni sociali della persona che ne è affetta.

Fanno parte dei disturbi del comportamento alimentare le seguenti forme patologiche:

  • ANORESSIA NERVOSA

  • BULIMIA NERVOSA

  • DISTURBI ALIMENTARI NON ALTRIMENTI SPECIFICATI :

      • DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA

      • FORME INCOMPLETE DI ANORESSIA O BULIMIA

In Italia si stima che attualmente l’1,5% delle giovani in età compresa tra i 15 ed i 24 anni soffrono di DCA, che spesso possono manifestarsi con ritardo.

Il primo campanello di allarme è l'analisi del peso corporeo.

 

Attualmente la classificazione del peso corporeo più seguita è quella proposta dall’OMS in funzione dell’indice di massa corporea IMC o BMI (Body Mass Index) che si ottiene dividendo il peso espresso in chilogrammi (Kg) per l’altezza espressa in metri (m) ed elevata al quadrato:

  • Normalità IMC 18,5-25

  • Sottopeso IMC < 18

  • Sovrappeso IMC 25-30

  • Obesità IMC > 30

E’ ormai ampiamente dimostrato che essere sottopeso (IMC < 18,5) o sovrappeso (IMC > 25) aumenta il rischio di incorrere in uno stato di malattia e riduce l’aspettativa di vita tanto più quanto più ci si discosta dai valori presi in considerazione per range di peso normale (IMC 18,5-25)

 

I DCA sono disturbi in cui i pazienti non sanno gestire o tollerare gli errori o gli insuccessi, che leggono in termini autosvalutativi.

 

Il nucleo cognitivo centrale di queste patologie è associato a tematiche di bassa autostima, autocontrollo e perfezionismo che il soggetto tenterebbe di gestire attraverso il controllo della propria alimentazione e del proprio peso/aspetto.

Il controllo rigoroso, perfezionistico del cibo assunto e delle dimensioni corporee diventa, quindi, uno strumento-metafora di controllo della propria vita per sopperire, appunto, al senso di inadeguatezza, inefficacia e disistima personale che questi pazienti sperimentano costantemente.

I pazienti con DCA sono “eterni indecisi”, non riescono a scegliere, non solo e non tanto perché non sanno ciò che vogliono, quanto piuttosto perché temono di ascoltarsi, di scoprire ciò che desiderano e di accettarlo come valido, giusto, anche se loro per loro, quando vorrebbero lo fosse per tutti. Sono alla ricerca della “scelta giusta”, riconosciuta tale dagli altri, dei quali richiedono costantemente il giudizio validante, perché non possono permettersi di sbagliare.

L'errore è sempre fonte di frustrazione, ma anche di apprendimento.

Risulta da un giudizio sbagliato che facciamo in una determinata situazione, in base al nostro sistema di credenze e di valori e, in conseguenza del quale agiamo.

 

La Terapia Cognitivo-Comportamentale permette di modificare i processi cognitivi e comportamentali che sono stati individuati quali fattori scatenanti del disordine o come variabile causante.

 

Come per la tecnica usata per il trattamento dell’ansia e della depressione il trattamento per i DCA è a breve termine in cui il paziente è incoraggiato a focalizzare la sua attenzione attivamente sui sintomi e sui processi di cambiamento.

 

In terapia impariamo a riconoscere l'errore come propria fallibilità, in modo da poterlo analizzare e capire che un evento è solo apparentemente negativo.

 

Il processo stesso della psicoterapia, intesa come una migliore conoscenza di sé, del proprio limite, della propria fallibilità e di una maggiore autoaccettazione, valorizza l'apprendimento a partire dalle proprie esperienze, anche se negative.

 

L'anoressia

Gli studi naturalistici e i trial clinici controllati ci forniscono un quandro clinico che purtroppo non è molto diverso da quello che Arthur Crisp evdenziava nel 1965: “la storia naturale dell'anoressia nervosa varia da un episodio isolato e benigno in adolescenza a una malattia che dura tutta la vita o ricorre più volte con un rischio elevato di morte”.

Una caratteristica dominante delle anoressiche, evidenziata da Hilde Bruch, è che durante la crescita provano sentimenti profondi di inadeguatezza, di incapacità di influenzare il proprio ambiente e di determinare il proprio destino.

Si tratta di una percezione originata dal fatto di essere cresciute in un ambiente familiare in cui il successo e la riuscita costituivano valori dominanti ma che impedivano alla figlia di manifestare comportamenti autonomi.

Per il soggetto che ha dolorosamente sperimentato la propria inadeguatezza intraprendere con successo una dieta significa acquistare un senso di potenza e di indipendenza. D’altra parte, in una cultura che accorda valore alla magrezza la soluzione anoressica è comprensibile.

Inoltre le diete sono, almeno inizialmente, fonte di rinforzi positivi specie per i soggetti che sono stati feriti nel senso di potenza e di autocontrollo.

Benché non sia sempre il problema centrale, spesso la sessualità ha un ruolo importante nello sviluppo dell’anoressia.

Per un gran numero di anoressiche esperienze sessuali indesiderate o problematiche innescano quella crisi di insicurezza che scatena il meccanismo patologico della dieta.

 

La Bulimia Nervosa

La Bulimia Nervosa è stata citata raramente prima degli anni 60.

Veniva considerata come una variante dell’anoressia o una forma particolare d’obesità.

La bulimia nervosa è più comune dell’anoressia (1 – 3%).

E’ caratterizzata da abbuffate.

Il soggetto ha la sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando.

Durante l'abbuffata vi è un crescendo d’ansia ed agitazione, il desiderio impossibile di controllare la fame ed il peso corporeo viene a scontrarsi con l’impulso non controllabile di assumere cibo. L’abbuffata è interrotta da malessere fisico, ansia, nausea, dolori addominali, depressione e senso di disgusto verso se stessi.

Il soggetto ricorre a comportamenti compensatori (autoinducendosi il vomito, usa lassativi e diuretici in maniera ripetitiva, opera il digiuno e s’impone un’eccessiva attività fisica).

A differenza degli anoressici, i bulimici possono mantenere un peso normale.

Secondo il DMS-IV (quarta edizione del diagnostic and statistical manual of mental disorders) le abbuffate alimentari ed i comportamenti compensatori devono avvenire almeno 2 volte la settimana x 3 mesi.

Esiste un tipo di bulimia con condotte di eliminazione e un tipo senza (vale a dire solo con il digiuno e/o con l’esercizio fisico).

Per la Bulimia Nervosa le linee guida dell'APA (APA, 2000), prevedono:

  • la riabilitazione nutrizionale,

  • i trattamenti psicologici,

  • la terapia farmacologica.

La riabilitazione nutrizionale ha lo scopo di attaccare il circolo vizioso (eccessiva preoccupazione per l'aspetto fisico e il peso corporeo – dieta rigida – perdita di controllo sull'alimentazione – metodi di compenso – aumento della preoccupazione per peso e aspetto – dieta rigida) che è alla base dei fattori di mantenimento del disturbo.

Dal punto di vista psicologico, la terapia si prefigge di trattare la comorbilità psichiatrica e di affrontare temi che potrebbero essere alla base dei comportamenti alimentari patologici, come l'identità personale e l'autostima in aree diverse da quelle del peso e del corpo.

Le sindromi parziali o atipiche sono i quadri clinici in cui sono presenti alcuni ma non tutti i sintomi necessari per la diagnosi di anoressia o di bulimia. Rappresentano il campo dei disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati (Ednos, Eating disorders not otherwise specified) o subliminali (Subthreshold eating disorders). Tra i quadri atipici, il disturbo da alimentazione incontrollata (Binge eating disorder della letteratura anglosassone) ha suscitato nell’ultimo decennio un interesse crescente per i suoi legami, importanti, con l’obesità.

 

L'Obesità

L’obesità non è considerata malattia psichiatrica ed il DSM IV-TR (Manuale diagnostico e statistco dei disturbi mentali) non la include tra i disturbi psichiatrici. Tuttavia sappiamo che numerosi fattori biologici ostacolano sia la perdita che il mantenimento del peso corporeo ma, alcuni meccanismi cognitivi e comportamentali sembrano rivestire un ruolo importante nella patogenesi di tale condizione.

I fattori biologici svolgerebbero soltanto un’azione favorente il recupero del peso corporeo perduto con una dieta alimentare ma i meccanismi fondamentali che porterebbero ad un recupero dei chilogrammi di peso perduto sono essenzialmente di tipo psicologico.

Il recupero del peso anteriore ad una dieta sarebbe la conseguenza di due processi tra di loro collegati, da una parte c’è la convinzione di riuscire a controllare il peso con conseguente abbandono delle prescrizioni dietetiche, dall’altra parte proprio le convinzioni prima citate portano al ripristino delle abitudini alimentari precedenti alla dieta e quindi al recupero del peso perduto.

Inoltre questi processi sono legati alla incapacità di far fronte alle situazioni a rischio che producono una iperalimentazione e abbandono di attività fisica, all’utilizzo del cibo come strumento per risolvere lo stato di frustrazione derivante da uno stile di vita sbilanciato, il fallimento nel raggiungere gli obiettivi sia relativi al peso che generali che porta ad abbandonare il programma di dimagrimento.

 

L'Ortoressia

Ortoressia è l’ossessione per il mangiare cibi sani. E’ presente una forte attenzione verso le numerose diete esistenti sul mercato ed è caratterizzata dalla preselezione degli alimenti che può diventare pericolosa.

E’ un problema sociale, impedisce al soggetto di avere rapporti equilibrati con l’esterno creando un meccanismo circolare di insoddisfazione che alimenta il problema.

La differenza con i DCA è che, mentre in questi tutte le attenzioni sono poste sulla quantità di cibo e sulle sue ricadute, nell’ortoressia tutte le preoccupazioni riguardano la qualità del cibo, il rischio di contaminazione, la minaccia che sia sporco e non sano, non puro, e si può trasformare in una vera e propria mania di persecuzione.